Scorci Romani – Ponte Sisto

Anche se la storia di questo ponte comincia in realtà con la sua ricostruzione definitiva promossa da papa Sisto IV, non si può tacere la precedente presenza, ... 1 min


Foto di: Alessandro Auddino

Scorci Romani - Ponte Sisto

Anche se la storia di questo ponte comincia in realtà con la sua ricostruzione definitiva promossa da papa Sisto IV, non si può tacere la precedente presenza, più o meno nello stesso punto del corso del Tevere, di altri ponti ricordati attraverso i secoli con denominazioni diverse: Aurelius, Antoninus, Valentiniani, Janiculensis (quest'ultima dovuta alla vicinanza col Gianicolo).

La nascita del primo ponte romano non è bene identificabile, ma, essendo il ponte indicato come «A urelius» e «Antoninus», si potrebbe attribuire la sua costruzione al figlio di Settimio Severo, Marco Aurelio Antonino, soprannominato Caracalla. Ciò è giustificato dal fatto che la famiglia imperiale aveva dei possedimenti in « Transtiberina regione ad portam nominis sui» (Porta Settimiana): per raggiungerli dalla riva sinistra del Tevere la realizzazione del ponte si presentava  ovviamente necessaria. Tra gli anni 366 e 367 d. C. il prefetto di Roma, Simmaco, intervenne a favore del ponte che fu sottoposto ad un completo rifacimento. L'opera fu dedicata agli imperatori Valentiniano e Valente. Nel 1878 e nel 1892 furono trovati, durante i lavori di arginatura del Tevere, i resti di un arco trionfale, eretto a suo tempo dai due imperatori suddetti unitamente a Graziano; tali resti consistevano in grandi blocchi, statue di bronzo e gruppi scolpiti usati come decorazioni. Il tutto è conservato presso il Museo delle Terme.

Durante la terribile inondazione del 792 il Tevere recò alla città danni di enormi proporzioni: «svelse la porta Flaminia», scrive Antonio Nibby, «e trasportolla fino all'arco detto " Tres faccicelas", scavalcò in vari luoghi le mura e di là dalla basilica di S. Marco rovesciò il portico, e dilargandosi per le piazze pervenne al ponte di Antonino e rovesciatone il muro uscì a scaricarsi di nuovo nel suo letto. Dopo quella epoca trovasi designato col nome di "Pons Fractus" nella bolla di Benedetto VIII dell'anno 1019 ed in quella di Leone IX dell'anno 1049».

E rotto rimase il ponte fino al tempo di papa Sisto IV, che, essendo ormai prossimo l'anno santo del 1475, pensò bene di gettare le fondamenta per l'erezione di un ponte completamente nuovo. Così il 29 aprile 1473 il papa stesso pose la prima pietra; i lavori furono affidati a Baccio Pontelli che incorporò nella prima arcata, dalla parte di Trastevere, i resti del ponte romano. Il Platina, famoso bibliotecario della Vaticana, dettò i testi delle due iscrizioni collocate nella testata di piazza S. Vincenzo Pallotti: <<MCCCCLXXV QVI TRANSIS XYSTI QVARTI BENEFICIO / DEVM ROGA VT PONTIFICEM OPTIMVM MAXI / MVM DIV NOBIS SALVET AC SOSPITET BENE / VALE QVISQVIS ES VBI HAEC PRECATVS / (1475. Tu che passi su questo ponte per merito di Sisto IV, prega il Signore che ci conservi lungamente e assista il pontefice ottimo massimo. Salute a te, chiunque tu sia, dopo che avrai detto questa preghiera). 

 

TVDINIS AD IVBILEVM VENTVRAE PONTEM / HVNC QVEM MERITO RVPTVM VOCABANT A FVN / DAMENTIS MAGNA CVRA ET IMPENSA RESTI / TVIT XYSTVMQVE SVO DE NOMINE APPELLARI / (Sisto IV Pontefice Massimo, ad utilità del popolo romano e della moltitudine dei pellegrini che parteciperà al Giubileo, questo ponte, che a buon diritto chiamavamo «Rotto», rifece dalle fondamenta con grande cura e spesa e volle che dal suo nome fosse denominato Sisto).

Superati i pericoli della furia tiberina, solo nel 1575 il ponte ebbe bisogno di un accurato restauro che fu eseguito da Matteo da Castello e terminato dal Vignola. Altri consolidamenti ebbero luogo nel 1598, durante il pontificato di Clemente VIII. La causa fu naturalmente attribuita a un'ennesima piena piuttosto pericolosa che indusse i responsabili a sostituire parapetti e lastricato. Scrive Carlo Pietrangeli nella Guida Rionale «Regola»: «Nel 1877-1878, durante i lavori di arginatura del Tevere, esso, fu gravemente deturpato con la sovrapposizione di una semplice passerella in ghisa retta da pesanti mensoloni, la demolizione degli antichi parapetti e la sopraelevazione dei marciapiedi, operazione che ha soppresso la garbata curvatura "a schiena d'asino". È da augurarsi che venga presto, per il buon nome della nostra città, eliminato lo sfregio fatto circa un secolo fa ad una così insigne opera d'arte».

L'appello di Pietrangeli fu pubblicato nel 1979: da allora nulla di 

nuovo sul povero ponte Sisto, anzi la situazione è peggiorata di molto.

È interessante sapere che prima della presenza di ponte Sisto, chi desiderava attraversare il fiume poteva usufruire della barca-traghetto guidata da un cavo teso tra le due sponde: quella dell'Arenula a sinistra e della Renella a destra. In quei pressi al tempo dell'assedio dei Goti furono armeggiati i primi molini, che, per l'interruzione degli acquedotti, non solo portavano l'acqua a Roma, ma servivano anche per azionare le mole. Il grosso «occhialone» centrale, quando viene attraversato dalle acque limacciose in piena, diventa un vero segnale di allarme: il Tevere sta esagerando!

L'ultimo restauro del ponte è ancora lontano dalla sua conclusione e una vergognosa imbracatura fa da maschera a un'opera che stentatamente conserva qualche residuo di bellezza rinascimentale.

(Ponte Sisto misura in lunghezza 108 metri, in larghezza 11, e ha quattro arcate in muratura.)

Fonte: I ponti di Roma G. Malizia

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