Come misuravano il tempo i romani
Nell'antica Roma non era possibile conoscere l'ora esatta. I Romani disponevano di sistemi poco precisi per calcolare le ore. II sistema più diffuso era quello delle meridiane. Ne esistevano di molti tipi e di tutte le dimensioni. La più grande meridiana era stata voluta da Augusto e posta al Campo Marzio. Aveva le dimensioni di una grande piazza (60 metri x 160 metri) e l'asta che proiettava l'ombra (Io gnomone) era costituita da un obelisco portato dall'Egitto. Questo obelisco esiste ancora oggi e si trova davanti a Montecitorio, il palazzo del Parlamento italiano. Duemila anni fa questo obelisco-asta proiettava la sua ombra sulla piazza: delle linee graduate di bronzo permettevano di capire l'ora e la data. Ancora oggi sui palazzi o edifici pubblici si trovano molte meridiane più semplici e comuni.
All'epoca dell'imperatore Traiano erano molto diffusi nelle case degli aristocratici gli orologi ad acqua. Erano costituiti da vasi di vetro dentro i quali cadevano delle gocce d'acqua da un contenitore soprastante. Rispetto alle meridiane questi orologi avevano un grande vantaggio: indicavano, con il salire del livello dell'acqua, l'ora del giorno, quella della notte e le ore anche nelle giornate nuvolose.
I Romani contavano 12 ore diurne e dodici notturne. Si cominciava all'alba con l'hora prima, e si procedeva con l'hora secunda, l'hora tertia. . . fino al tramonto, quando c'era l'hora duodecima.
Da quel momento proseguiva di notte con altre dodici ore, fino all'alba, quando poi il ciclo riprendeva. Le ore notturne erano chiamate vigiliae (veglie), letteralmente "turni di guardia", così ogni notte era suddivisa in quattro veglie di tre ore ciascuna
Ma le ore non erano identiche alle nostre. Prima di tutto perché non si parlava di minuti e secondi e poi perché le ore non erano proprio uguali in quanto dipendono dalla stagione.
Il punto di riferimento centrale dei Romani era il mezzogiorno, quando il sole è nel punto più alto del cielo. In quel momento la giornata è alla sua metà : sono trascorse sei ore dall'alba e ne mancano sei al tramonto.
Alberto Angela, Una giornata nell'antica Roma rid. ed adatt. Mondadori
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