Oggi i "caldarrostari" sono famosi in tutta Roma, cartocci di caldarroste fumanti sono venduti in molti angoli delle strade della capitale. Nell’antica Roma le castagne erano un frutto era ben conosciuto. Plinio il Vecchio fa una descrizione dettagliata delle castagne in ambito culinario, specificando che venivano usatate come surrogato del pane per i digiuni delle donne durante le feste legate ai culti femminili di Cibele, Iside e Cerere, in cui era proibito l’uso dei cereali e dunque veniva usato il pane di castagne. Sempre Plinio il Vecchio considera le castagne affini alle ghiande e si chiede perché la natura abbia nascosto e protetto con così tanta premura all’interno di una «cupola irta di spine» un frutto di «scarso valore». Inizialmente assunse nomi diversi dalle «noci nude» del De Agricultura di Catone il Censore, fino alla «castanea» che si trova nel De Re Rustica di Marco Terenzio Varrone: la castagna era un frutto che i ragazzi offrivano alle ragazze di cui erano innamorati. Le castagne si prestano ad essere utilizzate nei modi più disparati. Le preferite sono le caldarroste, che raccontano a modo loro l'inverno.
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