Colosseo a colori – Storia del Colosseo Parte II

Il più grande anfiteatro mai edificato a Roma e simbolo stesso della romanità fu eretto ad opera degli imperatori Flavi e perciò chiamato " Amphiteatrum Flavium" 1 min


Foto di: Alessandro Auddino

Storia del Colosseo Parte II

Vedi Parte I - Storia del Colosseo

... Interventi successivi furono effettuati da Nerva, Traiano e Antonino Pio. Alessandro Severo restaurò l'edificio per i danni che aveva subito a causa di un incendio provocato da un fulmine nel 217 d.c.. Ulteriori restauri si devono a Gordiano III e in seguito a Decio, dopo che il Colosseo era stato ancora una volta colpito da un fulmine nel 250 d.c.. Altri lavori di ripristino furono necessari dopo i terremoti del 429 e del 443 d.c.. Odoacre ne fece ricostruire le gradinate inferiori, come ci attestano le iscrizioni che vi possiamo leggere con i nomi di senatori datate tra il 476 e il 483 d.c.. Con Teodorico si ha l'ultimo intervento di restauro dell'edificio, che cadde subito dopo in uno stato di totale abbandono. Divenne così fortezza dei Frangipane nel Medioevo e altri terremoti fecero sì che si iniziassero a riutilizzare i materiali crollati per nuove costruzioni; dal XV sec. esso si trasformò così in una cava di blocchi di travertino, fino a metà del XVIII sec. quando fu consacrato da papa Benedetto XV. L'edificio è di forma ellittica e misura in lunghezza m. 188x156 ai limiti esterni e m. 86x54 a quelli interni, mentre l'altezza è di quasi m. 49. La facciata esterna è realizzata interamente in travertino e si presenta su quattro ordini, i primi tre costituiti da ottanta arcate ciascuno, inquadrate da pilastri con addossate semicolonne, doriche nel primo piano, ioniche nel secondo e corinzie nel terzo. Essi sono coronati da un attico che funge da quarto piano, scandito da paraste corinzie tra le quali compaiono alternativamente una finestra quadrangolare e uno spazio, adesso vuoto, che conteneva gli scudi dorati; una serie di fori tra mensole alloggiavano la travatura di sostegno del grande velario che doveva proteggere gli spettatori dal sole, manovrato da una squadra della flotta militare di Miseno. Gli archi del piano terreno erano numerati per consentire l'accesso ai diversi ordini di posti della cavea. Alle estremità degli assi fondamentali del complesso si trovavano i quattro ingressi d'onore, non numerati, riservati a personaggi di rango, quali magistrati, membri di collegi religiosi, Vestali; in particolare l'ingresso del lato nord era preceduto da un protiro (portichetto a due colonne) e da esso si raggiungeva la tribuna imperiale attraverso lin corridoio decorato con stucchi. Dalle arcate esterne si accedeva a un doppio corridoio anulare da cui si dipartivano le scale che conducevano agli sbocchi (vomitoria) interni della cavea; al secondo piano si aveva un analogo doppio ambulacro, e così al terzo piano, ma di altezza inferiore ai primi due, mentre due singoli corridoi sovrapposti correvano all'altezza dell'attico. All'interno la cavea era separata dall'arena da un podio alto quasi quattro metri, dietro il quale si trovavano posti d'onore; essa era ripartita orizzontalmente in tre fasce (maeniana) separate da opere in muratura (baltel). I primi due meniani (il secondo suddiviso a sua volta in inferiore e superiore) avevano i gradini in marmo ed erano scanditi verticalmente dagli accessi che vi si aprivano (vomitoria) e da scale; si venivano così a costituire dei settori circolari detti cunei. Era in questo modo possibile contrassegnare i posti col numero di gradino, di cuneo e di sedile. Il terzo meniano o maenianum summum era invece realizzato con gradini di legno e separato dal sottostante maenianum secundum da un alto muro; presentava un colonnato con una galleria riservata alle donne, al di sopra del quale una terrazza ospitava le classi più basse della società con posti in piedi.  Ai vari settori di posti della cavea si accedeva per classi sociali con ordine decrescente di importanza dal basso in alto: il palco imperiale si trovava all'estremità meridionale dell'asse minore e qui sedevano anche i consoli e le Vestali; all'estremità settentrionale era posto il palco che ospitava il prefetto della città (praefectus Urbis) assieme ad altri magistrati. I gradini più vicini all'arena erano riservati ai senatori. Le iscrizioni che possiamo leggere su alcuni gradini che ci sono conservati ci informano della loro precisa destinazione a particolari categorie di cittadini. L'arena era in origine ricoperta al centro da tavole di legno che si potevano togliere quando le varie operazioni attinenti agli spettacoli lo richiedevano; a protezione degli spettatori della cavea, in caso di cacce ad animali feroci, veniva innalzata una rete metallica che terminava con zanne di elefante e con rulli ruotanti posti in posizione orizzontale, per impedire alle belve di farvi presa con le zampe. I sotterranei dell'arena contenevano tutto il necessario all'allestimento degli spettacoli: gabbie per le belve, scenografie, depositi di -armi per i gladiatori, macchinari ecc. Erano articolati su tre ambulacri anulari con aperture che consentivano una funzionale comunicazione fra tutti i settori; nel muro perimetrale una serie di trenta nicchie serviva probabilmente ad ospitare montacarichi che dovevano portare al piano dell'arena gli animali e i gladiatori. Per la costruzione del Colosseo fu sfruttata razionalmente la presenza della depressione artificiale del lago della Domus Aurea che, una volta prosciugato, consentì di gettare le fondamenta risparmiando un'enorme mole di lavori di scavo. In una grande platea ellittica di calcestruzzo furono posti pilastri di travertino a formare un'intelaiatura fino al terzo piano, mentre muri radiali a blocchi di tufo e laterizio vennero inseriti tra essi. Era così possibile un lavoro contemporaneo nella parte inferiore e in quella superiore, tanto che l'edificio fu suddiviso in quattro settori realizzati simultaneamente da quattro differenti cantieri.

Nel Colosseo venivano dati diversi generi di spettacoli: i munera, ossia i combattimenti tra gladiatori, le venationes, cioè le cacce di animali feroci e le già citate naumachie. Queste ultime furono abbastanza presto trasferite in altri appositi edifici, per le difficoltà che presentava l'allagamento dell'arena dell'anfiteatro: celebre è rimasta la ricostruzione voluta da Tito della battaglia navale tra corinzi.

Fonte: Tutta Roma antica (Ed. Bonechi)

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